domenica 9 settembre 2007

Economia: una scienza giustificazionista, un'arte presuntuosa o uno strumento a difesa della democrazia?

Quello che appare evidente nelle opere degli economisti del dopoguerra ( Gunnar Myrdal a Galbraith anche Chamberlin e tutti gli eterodossi) è la capacità da parte dell’economia di sviluppare pensieri di carattere sistematico al di fuori delle concezioni ortodosse relative al liberismo.

Il fatto che gli economisti debbano accettare necessariamente una impostazione metodologica è un fatto assolutamente illiberale e contrasta con la necessità di sviluppo della scienza e della conoscenza in generale, nonché con la crescita del capitalismo ed in generale dei sistemi economici che sono possibili. Il capitalismo infatti dovrebbe essere quanto più diversificato possibile dimodochè con un ricco corredo genetico possa resistere alle conseguenze destabilizzanti che esistono all’interno dello stesso come è dimostrato dalla storia economica.

Del resto l’analisi teorica in economia non è possibile in quanto se fosse pura e cioè atemporale non sarebbe utile ( e pertanto sarebbe antieconomica rientrerebbe cioè nell’ambito del pensiero utopico ) e del resto se non è pura è sempre in un certo qual senso influenzata dalla questione relativa alla ideologia o al sistema di pensiero dell’economista che vive una realtà storica determinata.

E’ questa infatti quello che rende impossibile fare dell’economia una vera e propria scienza , come la fisica e come la matematica,. Il fatto cioè che l’unica condizione esistenziale utile per l’economia ( l’unico dominio in cui fare esistere il sapere economico ) è la realtà storica determinata con i suoi profili istituzionali e collettivi. Non esiste una economia atemporale, non esiste una metafisica dell’ economia , una ontologia dell’economia, esiste solo una determinazione storica concreta che deve essere analizzata con tutti gli strumenti possibili e che deve essere fornire indicazioni predittive per il governo delle istituzioni pubbliche e private.

Affermiamo cioè che il metodo dell’analisi economica deve sempre prendere in considerazione le questioni relative all’economia come essa si manifesta onde evitare di creare un sistema ordinato di proposizioni il cui significato storico e politico sia irrilevante o peggio si presti a delle interpretazioni di carattere strumentale giustificazioniste nei confronti di nuove forme di schiavitù e di affermazione dell’uomo sull’uomo.

Gli economisti devono considerare gli aspetti storici e istituzionali in cui si sviluppa la dinamica economia e nell’ambito della stessa analizzare le questioni nella considerazione che la conoscenza è sempre foriera della civiltà e del progresso e che pertanto essa non può che muoversi nell’ambito del costituzionalismo e del riconoscimento dei diritti umani e della natura.
Solo in questo modo l’economia ha un senso come sapere. Altrimenti non è ascrivibile e non trova spazio nella concezione della conoscenza se non come la razionalità del relativismo assoluto.
Non tutti gli economisti sono convinti del fatto che l'economia debba essere una scienza.

Smith, per esempio, era invece molto interessato alle questioni di politica economica piuttosto che a pensare sistemi perfetti nel mondo dell’iperuranio.

Ricardo invece aumentò il grado di astrazione ed ebbe la pretesa di fare in modo che l’economia divenisse una scienza.

Ma domandiamoci.

Quando un fisico o un matematico realizzano un esperimento o pensano un sistema concettuale hanno una finalità di carattere politico? Vogliono colpire una qualche classe sociale? Mettere in discussione un potere economico?

La risposta a questa domanda potrebbe essere sia si che no. Alcuni scienziati certo hanno utilizzato la scienza per finalità politiche. Ma molti altri no. Si parla appunto di ricerca pura, di pura speculazione, di vera scienza.

Nell’economia la pura speculazione non esiste.

E lo stesso Ricardo, che pretendeva di fare dell’economia una scienza, lo ha dimostrato. La sua analisi della rendita e le sue conclusioni relative al fatto che la classe dei proprietari terrieri incamerava più reddito di quanto ne meritasse, era posta in chiave classista. Egli difendeva gli imprenditori della nuova borghesia industriale e per fare questo si impegnò nel dimostrare che la rendita era ingiustificata di modo che i redditi fluissero copiosi verso gli imprenditori e fossero così sottratti ai proprietari. Soluzione: liberismo così avendo più libertà di usare il capitale per comprare le terre gli imprenditori avrebbero potuto sconfiggere socialmente i proprietari terrieri.

E Marx usò la stessa logica per affermare lo stesso rapporto ma cambiando i soggetti. Non più i proprietari si appropriavano del reddito degli imprenditori, ma questi ultimi si appropriavano del reddito dei lavoratori. Soluzione: rivoluzione comunista così i lavoratori si riappropriano di quanto gli imprenditori hanno loro sottratto.

E così via fino ai giorni nostri.

L’economia dunque è sempre determinata storicamente e orientata politicamente e per questo non può essere una scienza.
Essa tuttavia può costituire un baluardo di conoscenza a presidio della civiltà dei diritti umani e della natura.
In questo senso l’economia può affermare a livello globale la democrazia e lo sviluppo dell’umanità.